Andrea Jori
Scultore e pittore
Nel tondo in terracotta ad altorilievo la materia è trattata a strappi che poi si ricuciono nell’unità dell’insieme e nell’affermazione di una positività concettuale. Pieni e vuoti, finito e non finito, luci ed ombre: in questo pannello si riassume una umana invocazione insieme ad una concezione di vita che, al di là dei mille contrasti e asprezze esistenti nella realtà, tende alla conquista di sicurezze. La Madonna del terzo millennio è pur sempre una Madonna della Misericordia, diversa nel­la tipologia da quelle classicamente effigiate o rappresentate, ma pur sempre la Madre di Dio a cui gli uomini si rivolgono per arrivare al Vero e al Bene.
Analizzando l’operazione artistica di Iori, delle linee si dispongo­no a formare semicerchi e diagonali, particolarmente enfatizzati rispetto alla rappresentazione delle figure; tutti i segni sono tra loro interagenti. Il cerchio è immagine di compiutezza, diventa anche l’immagine pre­diletta del cielo, può significare anche una linearità di confine; se poi si pensa che dal cerchio deriva la ruota, c’è anche simbolicamente la comunicazione del movimento ciclico dentro il mondo, il ricominciare, il rinnovamento della creazione, nel tempo.
Alla materia vengono impressi uno spazio e un tempo, ma que­sti rimangono come impigliati in un contesto fenomenico che sembra scomporsi: le forme geometriche sono simboli spaziali che si compon­gono in modo equilibrato di una corporeità più consistente per far emergere, con solenne semplicità, la rappresentazione in una accen­sione improvvisa quasi come fuoriuscisse da una caverna. All’interno di quell’ideale triangolo ritagliato dall’incrocio di due diagonali (forse una croce) prendono vita una Madonna con Bambino e, ai suoi piedi, due figure per parte.
Dalle linee e dagli scavi della materia le figure sembrano formar­si, venir fuori.
Dall’alternanza dei sottili giochi d’ombra e di luce, ma più dal­l’ombra, emergono in rilievo nella loro vibrazione come se la materia si plasmasse da sola svincolandosi dal piano di fondo per prendere vita in anfratti, rigonfi, crepe che trovano un corpo e un’individualità.
Non c’è la figura a tutto tondo, c’è l’esile strato di terracotta pla­smato con innegabile virtuosismo che si interrompe o si sovrappone ad un altro strato, lascia aperta una zona di vuoto e ti permette, nel compli­cato scenario così dinamizzato, di sentire quella levigata corporeità La materia viene manipolata in modo delicato, captata sin all’in­verosimile, dalla sensibilità dell’artista che conduce lo sguardo dell’os­servatore a scoprire e a conoscere; un invito dunque alla conoscenza, ma anche un’indicazione del nucleo compositivo convergente in Maria, madre di misericordia anche nel terzo millennio.
Giuse Pastore, 2001

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